L'esigenza
della vita eterna
Lc. 10, 25 - 37
Questa parabola è senza dubbio
una stupenda icona del volto di Dio e proprio per questo è così difficile
parlarne senza cadere nelle solite e vuote banalizzazioni. Inoltre potrebbe
benissimo essere anche un compendio concreto, un manuale pratico per la
comprensione della Scrittura, di tutta la Parola di Dio.
L'amore finalmente non ci è più proposto come una legge doverosa e inarrivabile (chi può dire di aver amato veramente
in vita sua?) ma un annuncio, una buona notizia, un dono.
La Legge di Mosè e ogni legge
religiosa infatti accusa chi la
conosce, chi la “maneggia”, mentre il lieto messaggio di Cristo salva quelli
che incontra aperti e disponibili.
Uno scriba - dottore
della legge procede al solito modo della dialettica ebraica, aggiungendovi forse
un pizzico di malizia, e verifica
l'ortodossia di Gesù. Lo fa con una domanda sulle azioni, non sulle intenzioni:
quale azione grande devo compiere – sembra dire- per ottenere la vita eterna?
Ecco il fariseismo ipocrita: ciò che salva è il
gesto non il motivo per cui lo compio. Gesù sposta invece l’attenzione
sull'intenzionalità: occorre continuamente purificare i motivi che ci spingono
ad agire.
Ama il Signore Dio tuo - ama, il prossimo tuo: l’amore, quello vero, si unifica e unifica la
persona. L’evangelista poi ci presenta una sintesi spirituale dello stesso Gesù:
finalmente la prova di verità della fede di un uomo non sono i km. percorsi in
ginocchio sui ceci ma la carità, la gentilezza, il rispetto, la mitezza.
L'amore di Dio permette
l'unificazione: "dal suo cuore indiviso" la persona trova il suo
centro fuori di sé (eccentrica) e al contempo la sua stabilità. Unifica le sue
forze (il cuore: decisione; l'anima, luogo del rapporto con Dio e luogo della
felicità, la forza il luogo della fecondità e dell'impegno, la mente il luogo
della conoscenza del mondo).
Il prossimo poi diventa il
centro di verifica dell'amore che proviamo per Dio e che anche noi abbiamo per
noi stessi. Porre poi l'amore di noi stessi in relazione all'altro ci fa capire
che non possiamo salvarci da soli: d’un tratto siamo salvati dai circoli del
narcisismo e dall'autolesionismo. E' la complicità tra me Dio e il prossimo che
mi permette la vita felice, cioè eterna.
Fa'
questo e vivrai
: quando? Ora o in eterno? Stupendamente pratico. Il luogo di
verifica delle nostre messe risiede nell'amore dell'altro.
Giustificarsi
: lo
scriba è in difficoltà davanti a tutti perché sembra essere preoccupato da ciò
che avrebbe dovuto sapere. Si chiede quali limiti debba avere l'amore oltre i
quali non è possibile spingersi. Gesù gli pone una domanda che lo costringe ad
esporsi, a buttarsi fuori. Chi non devo amare? Le donne? Gli stranieri? I
peccatori? Gli avversari? li popolo ignorante?
Gesù
comanda invece di amare. E basta. Semplicemente. Ma per essere più chiaro usa
la fantasia e lo splendido mondo delle immagini per permettere che tutti
comprendano: e inventa questa meravigliosa parabola, il samaritano che salva
l’uomo incappato dai briganti
Un
uomo
: tutto l'uomo è qui chiamato in causa, al di là
di ogni
specificazione di censo, religione, razza
Gerusalemme - Gerico
: le
unisce la “strada del commercio”, colma di anfratti e sassosa. Unici
compagni dei viaggiatori sono la polvere e il vento. Gerico è città di
commercianti e sacerdoti, Gerusalemme è la santa città di Dio, il luogo del
servizio rituale. L'uomo è disperso, compreso nella sua nudità, percosso selle
strade del mondo. Le strade di tutti i giorni. Ed è
lasciato mezzo morto… Chi di noi non ha mai incontrato dei briganti?
Sacerdote
: uomo custode della legge di Dio. La ha sempre sulle labbra e la
medita giornalmente. I suoi occhi che
vedono distanti nelle vicende del male e che sanno interpretare la storia,
vedono il povero, il misero che grida aiuto e lo lasciano solo. Paradosso: ciò
che dovrebbe più avvicinare è invece ciò che allontana.
Levita
: Addetto
al culto, uomo della liturgia che ormai è divenuta vuoto e freddo ritualismo.
Perché non l'hanno aiutato?
Allucinante silenzio (paura - impurità rituale - perché lo credevano già
morto) su queste motivazioni. Allucinante davvero. Tentiamone qualcuna.
Avevano fretta. Il dramma della
fretta nelle relazioni quotidiane: il nostro mondo commerciale ha una
considerazione disattenta della diversità. Avevano paura: occorre anche a noi
di abbandonare il possesso e aumentare la relazione
Samaritano:
è
un uomo simbolo di secolari conflitti con gli Ebrei, considerato incompetente
ritualmente e giuridicamente, bastardo, profanatore del tempio e della vera
religione.
Ma ha compassione, come le
viscere di Dio, avvicina il moribondo, condizione naturale per aiutare qualcuno,
gli fascia le ferite e gli dona il salario di due giornate per metterlo a
riparo.
In questa parabola
abbiamo assistito a un meraviglioso cambio di prospettiva : la domanda da “a
chi devo fare del bene?” si tramuta in “di chi mi devo accorgere, a chi devo
stare vicino?”. Vi è un radicale decentrarci, uno spremerci fuori verso i
territori meravigliosi della diversità, dell’uomo che soffre ma anche sa
gioire.
Ma questa parabola ci
lascia anche una risposta inquietante, che rompe gli schemi e non da nessuna
facile consolazione.
Il fatto che poi abbia risposto
lo stesso interrogatore ci fa vedere come Gesù sa portare a galla la verità
profonda che noi tutti possiamo conoscere.
Occorre
leggere e rispondere ai segni dei tempi. Come ha fatto il samaritano.
La carità suscita domande, per
questo è sempre connessa con la verità . Dobbiamo
chiederci perché alcuni hanno bisogno della nostra carità. E forse i nostri
interventi saranno più efficaci.